Quello che ci lascia il ventennio berlusconiano

 (da PeaceReporter del 12/11/11)
L'analisi del sociologo Turi Palidda per PeaceReporter
Ciò che ci lascia in eredità il quasi ventennio berlusconiano per molti aspetti non è meno orribile e disastroso di quanto lasciò il ventennio fascista. L'aspetto più grave, innanzitutto, è che nessuno è veramente in grado di stabilire un quadro esaustivo del disastro anche perché molte degli innumerevoli atti e delle loro nefaste conseguenze restano ignorati o peggio non riconosciuti tali. Il berlusconismo, infatti, non è caduto dal cielo e ha avuto una straordinaria pervasività a tutti i livelli, in tutti i campi e fra la stragrande maggioranza di chi vive in Italia (compresi gli immigrati) perché è stato espressione di una buona parte della società italiana,
ha appagato o è riuscito a far credere di poter soddisfarne le attese anche perché non c'è mai stata alcuna rigorosa opposizione capace di sbarrare veramente almeno per un momento l'ascesa al potere del campione del liberismo all'italiana. Che si tratti del capitolo delle politiche finanziarie, delle politiche economiche o industriali, della politica estera, del "governo" della sicurezza e delle polizie, delle politiche sociali (fra cui l'istituzione del precariato e di fatto la stura al boom incontrollato dell'oscillazione fra precariato e sommerso e la gestione delle migrazioni come "Italian crime deal"), che si tratti ancora della tutela della laicità o della pubblica istruzione, delle università e della ricerca, in questi come in altri capitoli il centro-sinistra che ha preceduto o alternato i governi Berlusconi ha quasi sempre messo la prima pietra o spianato la strada sulla quale poi la destra s'è scatenata a volte a tutta velocità.
E allora chi, come e quando si potrà seriamente lavorare a un vero risanamento democratico? E' terribile essere pessimisti! Ma come essere ottimisti quando si sa bene che alcuni aspetti cruciali dei principali capitoli delle politiche del governo (e dei governi) futuro (i) sostanzialmente non rovesceranno l'attuale orientamento (si pensi alla politica estera, alle missioni e impegni militari, alle risorse destinate a salvare le banche, ai settori militare, delle polizie e persino ad alcune grandi opere come la TAV mentre un po' dappertutto i disastri innaturali provocano vittime e nuove devastazioni). Non è forse, purtroppo, vero che lo stesso Presidente Napolitano e la sinistra difendono i "fondamentali" delle politica finanziaria, della politica estera o della "riforma" dell'Università e della pubblica istruzione? (per non parlare della TAV e altre "amenità" che uccidono il futuro del paese ... ma che questa sia complicità in strage di un paese non sfiora neanche l'anticamera del cervello di questi signori).
Da un bel po' tanti scrivono e gridano contro l'attuale catastrofe economica che sfacciatamente si vuol far pagare sempre ai soliti. Ma l'indignazione e le mobilitazioni sembrano non riuscire a incidere gran che proprio perché negli ultimi trent'anni dal centrosinistra alla destra, su scala locale, nazionale e mondiale s'è consolidata un'asimmetria di potere spaventosa, anzi la più enorme che la storia dell'umanità abbia conosciuto. Sì perché i totalitarismi prima o poi finiscono inevitabilmente "a testa in giù". Ma il liberismo di oggi non è governato da un totalitarismo ma da tanti totalitarismi spesso invisibili, virtuali, anonimi, mutanti, a volte non identificabili neanche da chi ci sta dentro o nei meandri. Così, per esempio, alcuni ci dicono che non si può dire che il mercato o le borse valori siano mostruose bestie sanguinarie oppure "giochi della verità" che mettono il "re a nudo". Ma una cosa è certa: i comuni mortali che non hanno alcun potere sono comunque destinati a subire di pagare i debiti fatti da altri, le guerre che si autoalimentano, le grandi opere e, ancora peggio, la distruzione di fatto sistematica di buona parte dell'assetto dell'organizzazione della società senza prospettiva (vedi scuole, università, trasporti, sanità, la stessa amministrazione della giustizia, polizie che tornano al passato autoritario e violento ecc.).
Tuttavia, forse c'è ancora una speranza: la costruzione ex-novo e dal basso di un'organizzazione politica della società che si fondi su alcuni fondamentali criteri di effettiva democrazia universalistica. In altri termini, bisognerebbe puntare tutto sulla mobilitazione popolare per costruire il governo del territorio e in particolare delle città come si cerca di fare a Milano o a Cagliari. Ma per una organizzazione della società equa e solidale, occorre cominciare con lo smantellamento delle logiche liberiste della cosiddetta governance che ha privilegiato il profitto dei privati e di super-tecnici o esperti o manager a discapito dell'effettivo interesse della res publica, cioè della stessa democrazia partecipata e dei bisogni degli abitanti e della stessa efficacia, producendo anche sprechi, aumento del debito e operazioni finanziarie dannose per le risorse del comune. Allora si potrà anche eliminare le auto blu, la videosorveglianza inutile e in genere il business dei dispositivi e controlli "postmoderni", risanare il trasporto pubblico e il suo rilancio, la gestione di acqua e gas, dei parcheggi, delle case popolari, le periferie e zone degradate con gestione diretta degli stessi abitanti, creare centri recupero e distribuzione beni da supermercati, negozi, mense, privati ("si prende gratis in cambio impegno raccolta beni e servizi sociali"), nuovo rilancio dei SERT efficienti x recuperare tossicodipendenti che stanno per strada (no a precariato operatori sociali e operatori sert), creazione operatori socio-sanitari di strada ma solo professionalmente preparati, rilanciare socialità anziani e gestione collettiva dei problemi degli anziani (no all'assistenzialismo individualizzante), controllo della compravendita beni immobili per evitare manovre speculative, priorità alla lotta alle economie sommerse, al lavoro nero, agli affitti al nero, promozione delle cooperative giovani per lavoro regolare, divieto alle grandi opere e a ipermercati, centri commerciali e grandi magazzini.
E, infine, eliminiamo il più infetto lascito berlusconiano: no alla crescita economica per aumentare i consumi ! Una decrescita per una società equa e solidale è possibile e potrebbe migliorare moltissimo le condizioni e la qualità della vita e di lavoro di tutti. Non piacerà a chi è assatanato dalla corsa al profitto facile a tutti i costi ora e subito anche sulla pelle dei suoi stessi figli, ma se si persegue questa strada forse i giovani di oggi si salveranno.
Turi Palidda